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LA RELIGIONE “RAGIONATA” DALLA SCIENZA

Enrico Furia (13 settembre 2002)

 

Il gioco del vero o del falso applicato a singoli fatti ed a singole affermazioni è la palestra della vita di tutti i giorni. Ma né alla scienza, né alla religione basta stabilire la verità di singole affermazioni o di singole azioni: quello a cui aspiriamo è la perfetta conoscenza ed il perfetto controllo del meccanismo della conoscenza universale.
La religione è fatta di verità rivelate da Dio, quindi date per vere con atto di fede. Ma è proprio questa fede che viene derisa dalla scienza che si pone la conoscenza come qualcosa di “razionale”, quindi di “coerente”, logico. [1]
La religione assume come vere le prescrizioni divine, e le accetta come comandamenti, quindi come postulati (principi scientifici non dimostrabili, ma che si assumono come veri). Da questi postulati si deriva ogni altra regola per deduzione. I dogmi sono postulati formulati dalla Chiesa Cattolica.
In Scienza, Euclide è il primo matematico che si propone di costruire una teoria geometrica completa, organica, solidamente fondata, in cui tutto ciò che si ricava è assolutamente certo per il fatto che le premesse iniziali sono indiscutibili e i procedimenti di deduzione sono assolutamente rigorosi.
Egli parte da alcune affermazioni geometriche, e da alcune nozioni di carattere generale, che funzionano da premesse a tutto il ragionamento. Queste affermazioni e nozioni definite postulati, fungono da base certa e assolutamente vera, da cui si ricavano i teoremi (conseguenze deducibili dai postulati). In conclusione, se una determinata proprietà geometrica è vera, essa compare nei postulati (quando la sua verità è del tutto evidente direttamente), oppure compare nei teoremi (quando la sua verità si deduce da altre verità accettate come vere). Per fare questo v’è bisogno di un ragionamento corretto (logica), oppure di una dimostrazione che, a partire dai postulati, permetta di convincersi della verità dell’affermazione.
Con questa sua ricerca certamente impressionante Euclide dettò le fondamenta della geometria, che in suo onore fu chiamata “Geometria euclidea”.
Ma qualcuno osò dubitare della teoria euclidea. Tra i postulati stabiliti da Euclide a fondamento del suo sistema deduttivo della geometria si trovò che ve n’era uno, il quinto (dato un punto ed una retta, esiste una e una sola retta passante per quel punto e parallela a quella retta), che non appariva così tanto “evidente” agli scienziati dei secoli successivi. Per questo motivo si pensò di escluderlo come postulato, e di assumerlo come teorema, tentando di darne dimostrazione nei secoli.
Ma Euclide aveva ragione. Infatti, intorno alla metà del 1800 Bolyai e Lobacevskij riescono a dare dimostrazione che il quinto postulato non è ricavabile come teorema a partire dagli altri postulati. Bene aveva fatto, dunque, Euclide a collocarlo tra i postulati.
Ma anche i non-euclidei non hanno lavorato invano. Costoro avevano dimostrato che fin troppe affermazioni geometriche erano dimostrabili anche senza usare il quinto postulato euclideo tra le premesse. Questo fatto è stato determinante nell’affermare la possibilità di giocare a costruire geometrie che non partano dagli stessi postulati scelti da Euclide. Pertanto, accanto alla Geometria con la G maiuscola (quella euclidea), sono fiorite tante altre geometrie non-euclidee (Riemann, Klein) in cui il quinto postulato viene addirittura sostituito da asserzioni opposte (dato un punto ed una retta, non esiste nessuna retta passante per quel punto e parallela a quella retta).
Oggi esistono tante geometrie, più o meno strane, purchè fondate su premesse coerenti.
Quindi non più la Geometria, assoluta, vera per davvero, schema vero della realtà vera; piuttosto più geometrie, ciascuna con una relazione con la realtà fisica forse ancor più complessa, o semplice, ed a volte più utili della geometria euclidea a comprendere aspetti teorici e pratici.
La morale dell’excursus scientifico citato vuole essere severo in più sensi.
In scienza (la geometria per molti né è la madre) l’elemento decisivo non è il confronto con la realtà fisica, ma la coerenza e finanche le bellezza, l’eleganza della costruzione. [2]
Occorre essere duttili, liberali, “fedeli” per quanto concerne le premesse, ovvero i “principi primi”, i postulati, i comandamenti, e rigidi, severi e restrittivi per quanto riguarda lo schema di ragionamento. Tutto questo significa che dobbiamo rassegnarci a risultati sempre “relativi” e “parziali”, che discendono da premesse che non chiamiamo più postulati, ma assiomi (principi che non pretendiamo più essere verità assolute come per i postulati, ma solo compatibili tra loro).
Non esistono verità scientifiche “assolute” (vere sempre, comunque ed ovunque), ma è assoluto il metodo di deduzione. “I procedimenti e le formule di ragionamento ammissibili vengono precisati ed esplicitati una volta per tutte, superando quella che agli occhi dei logici moderni appare una certa vaghezza presente non solo nella trattazione di Euclide, ma anche nelle opere dei matematici dei secoli successivi”. [3]
Solo i sedicenti scienziati possono “deridere” i postulati, o i dogmi religiosi, in quanto non sanno che tutta la scienza è basata su dogmi (principi) che si basano su veri e propri “atti di fede” per essere creduti veri, e che possono essere smentiti da processi di analisi sempre più tecnologici, validi solo per il raggiungimento di obiettivi pratici limitati nel tempo e nello spazio, pertanto non universali, ma solo contingenti.

Enrico Furia

[1] E’ da ricordare che la “logica” è la tecnica del corretto ragionamento, il quale partendo dalle premesse, ed impiegando gli argomenti logici, costruisce le conclusioni. Se le premesse sono vere e gli argomenti logici coerenti, le conclusioni devono essere vere.
[2] Karl Popper ha detto che nessuna teoria è dimostrabile, ma solo “corroborabile”, vale a dire “irrobustita” da un solido ragionamento.
[3] Giuliano Spirito, Matematica senza numeri, Tascabili Economici Newton, Roma,1997, pag. 53.

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