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MINIMO VITALE ED INCIDENZA FISCALE

Un’ipotesi comparata

Enrico Furia (20.05.2003)

 

Un episodio accaduto nel Comune di Bellinzona, Svizzera, ci dà lo spunto per esaminare un caso tipico della fiscalità in generale, e di quella italiana in particolare: la tassabilità del “minimo vitale” (reddito di sopravvivenza), ed il significato di “politica fiscale”.
Mentre si svolgeva una seduta del Consiglio Comunale bellinzonese, in cui si discuteva del progetto “Città vivibile” è arrivato il risultato dello studio “Il minimo vitale nel federalismo svizzero” presentato qualche giorno prima a Berna da Walter Schmid, direttore della Conferenza Svizzera delle Istituzioni dell’Azione Sociale (COSAS). Dallo studio presentato all’assemblea dei consiglieri è emerso che Bellinzona è la città svizzera in cui una famiglia a basso reddito vive meglio. Con un reddito di 47.000 franchi, padre, madre e due bambini possono disporre di 38.500 franchi, cioè l’82% netto del salario, con una incidenza fiscale, quindi, del 18%, mentre all’estremo opposto della classifica risulta Zurigo con 23.600 franchi, ed un’incidenza fiscale del 49,5%. La ricerca, che è stata esposta anche in video ai consiglieri comunali, ha calcolato la reale copertura del minimo vitale nei 26 capoluoghi cantonali, simulando tre casi tipo di economie domestiche a basso reddito: Nelle tre situazioni i redditi corrispondono ai minimi salariali dei rispettivi settori economici. Nel caso sub a) la fiscalità più favorevole è risultata quella di Sion; nei casi sub b) e sub c) quella di Appenzell.
Lo studio conferma, hanno rilevato alcuni esponenti di maggioranza e minoranza, che Cantoni e Comuni hanno strategie molto divergenti in materia di politica sociale, di politica dell’alloggio, e quindi di quella fiscale. Ad es., l’onere fiscale per una donna divorziata con un bambino varia da 395 a poco più di 3.000 franchi l’anno; per la famiglia con due figli il costo della cassa malattia va da 0 a 6.670 franchi; l’affitto dell’uomo single da 7.800 a 15.000 franchi all’anno.
Gli esperti hanno evidenziato l’enorme diversità di situazioni, ed il fatto che non vi è alcuna corrispondenza tra pressione fiscale e sovvenzioni sociali, secondo voci del bilancio, classi di stipendio e situazioni socio-famigliari.
In altre parole, nella Confederazione Svizzera, certamente una delle società più evolute al mondo, la politica fiscale non può essere considerata una “politica sociale”.
Ma prima di gongolare di gioia, noi Italiani dovremmo meditare su quello che succede in casa nostra.
L’art. 2 della Costituzione cita: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.
A nostro sommesso avviso, in effetti, Madre Natura ha dotato tutti gli esseri viventi di istinti (istruzioni, o programmi innati) che ci orientano spontaneamente nella vita di tutti i giorni. Questi istinti sono diritti-doveri inviolabili, in quanto ogni cambiamento (dall’interno o dall’esterno) di essi può generare scompensi letali.
Gli istinti (di Natura) della specie umana sono indentificabili in ordine di formazione in: Orbene, se riconosciamo questi diritti come inviolabili, e la Repubblica li garantisce, essi non possono essere soggetti a oneri di nessun tipo, se non “ai doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”, come correttamente stabilisce l’art. 2 costituzionale
L’art. 53 della Costituzione cita: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. Quest’articolo merita un commento.
L’articolo 2 parla di solidarietà “politica, economica e sociale”, ma le “spese pubbliche” dell’art. 53 sono riportate al TITOLO IV – Rapporti Politici, mentre non se ne fa menzione alcuna né al TITOLO II – Rapporti Etico-Sociali, né al TITOLO III – Rapporti Economici.
Pertanto, il rapporto che si instaura tra Stato è cittadino, non è né di natura etico-sociale (soddisfazione dell’istinto alla socializzazione), né tantomeno di natura economica (servizi resi in condizioni di efficienza: costo minimo e beneficio massimo, per soddisfare l’istinto allo scambio), ma di natura politica (istituzionale, di potere). La fiscalità, quindi, non serve per soddisfare quei benedetti criteri di solidarietà dettati dall’art. 2 della Costituzione, ma per garantire il potere allo Stato.
La Costituzione nulla stabilisce per la tutela dell’istinto alla sopravvivenza, per cui non lascia al cittadino il benchè minimo reddito per sopravvivere: tutto è tassato. Nulla lascia all’istinto alla riproduzione: ogni famiglia o comunità può anche estinguersi, non è un problema della Costituzione, tantomeno dello Stato. Nulla lascia all’istinto alla conoscenza: lo Stato garantisce l’educazione e l’istruzione di Stato. Nulla lascia all’istinto allo scambio: tutto è tassato in base a criteri preventivi. Nulla lascia all’istinto alla libertà: il cittadino non è neanche libero di vivere al di fuori dello Stato.
Lo Stato opera solo con il potere, e per il potere. Dal suo cittadino pretende tutto di tutto, per poi ridistribuirlo manipolato secondo i suoi criteri insindacabili.
A termini di Costituzione, lo Stato può essere ancor più arrogante e prepotente della manipolazione genetica in medicina, perché per costui Madre Natura non esiste e, anche se esiste, lui è più saggio e potente, in quanto può manipolarla a suo piacimento tramite lo “strumento fiscale” e la “politica fiscale”.
Pertanto in Italia, una famiglia con due bambini, non solo non riuscirà mai ad avere un reddito annuo equivalente a 47.000 franchi svizzeri, ma i poveretti sono soggetti ad imposizione fiscale al pari di uno scapolo (che magari ha anche il reddito garantito da un qualsiasi impiego protetto). Alla famiglia bellinzonese viene lasciato un reddito non solo per la sopravvivenza, ma anche per la socializzazione, la conoscenza, lo scambio (e, di conseguenza, la libertà) tutte funzioni di natura che la famiglia italiana non è in grado di esprime perché gliele “scippa” lo Stato attraverso l’imposizione fiscale garantita dalla Costituzione.
Orbene, se gli esperti svizzeri hanno avuto il coraggio di denunciare che non vi è alcuna corrispondenza tra pressione fiscale e sovvenzioni sociali secondo voci di bilancio, classi di stipendio e situazioni socio-familiari, gli esperti italiani dovrebbero sentire il bisogno di gridare che in Italia non vi è nessuna garanzia neanche alla sopravvivenza. Figuriamoci che garanzie possono avere gli altri diritti di natura. Il solo diritto che il contribuente italiano ha è quello della “politica fiscale” con cui lo Stato dovrebbe, secondo il dettato costituzionale, garantire a tutti la protezione dei “diritti inviolabili dell’uomo”.
Ma i contenuti di questa politica sono sotto gli occhi di tutti; non è questa la sede giusta per disuterne. Nostro compito era solo quello di analizzare con coerenza la legittimizzazione della “politica fiscale” dello Stato italiano e di compararla a quella svizzera, cosa che ci auguriamo di aver fatto secondo scienza, coscienza, e con l’aiuto di Madre Natura.

     Enrico Furia

     Gnosys
     info@worldbusinesslaw.net

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